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dai GIORNALI di OGGInel mirino del Fisco la presunta esistenza di un deposito miliardario in Svizzera La lotta ai paradisi fiscali "Controlli su 170 mila nominativi" L'Agenzia delle Entrate: "Lotta a 360 gradi, non perseguiamo solo i miliardari" La svolta Segreto bancario, la Svizzera cede Darà 8-10 mila nomi agli Usa C'è l'accordo, ma verranno svelati solo i conti di chi è sospettato di evasione fiscale LA SVIZZERA E IL SEGRETO BANCARIO Un successo americano 2009-08-13 |
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per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2009-08-13 nel mirino del Fisco la presunta esistenza di un deposito miliardario in Svizzera La lotta ai paradisi fiscali "Controlli su 170 mila nominativi" L'Agenzia delle Entrate: "Lotta a 360 gradi, non perseguiamo solo i miliardari" NOTIZIE CORRELATE Quella lite con Margherita di R. Polato SCHEDA - La vicenda MILANO - Sono 170.000 i casi tenuti sotto osservazione dal Fisco nell'ambito delle indagini contro i paradisi fiscali. A fornire le cifre della lotta ai capitali detenuti illegalmente all'estero è il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. "Non abbiamo deciso di perseguire i miliardari, ma di intensificare l'azione su tutti coloro che hanno capitali detenuti illegalmente all'estero" ha spiegato Befera, commentando l'indagine avviata nei confronti degli Agnelli e dell'eredità dell'Avvocato. Befera ha sottolineato che "il raggio d'azione è allargato". "Stiamo operando a 360 gradi" ha aggiunto, precisando che con il nuovo decreto del governo sui paradisi fiscali, è iniziato un "fortissimo e importantissimo cambiamento di linea, perché commuta il capitale detenuto all'estero in reddito non dichiarato: in questo modo intervengono sanzioni molto più pesanti". "VARIE LISTE DI NOMINATIVI" - "Abbiamo in questo momento - ha detto il numero uno delle Entrate - 170.000 nominativi sotto indagine". Befera ha dunque citato alcuni esempi: "Abbiamo una lista di 500 nominativi circa sequestrati ad un avvocato svizzero recentemente arrestato alla procura di Milano, abbiamo una lista di conti presenti presso Ubs Italia che si presume abbiano qualche riferimento con Ubs Svizzera, abbiamo poi la lista già nota di detentori di capitali nel Liechtenstein". Margherita Agnelli de Pahlen (Ansa) Margherita Agnelli de Pahlen (Ansa) IL CASO AGNELLI - Proprio l'Agenzia delle Entrate, alla luce delle notizie sulla causa legale intentata da Margherita Agnelli de Pahlen sull'asse ereditario del padre, è entrata nel merito della vicenda del patrimonio personale di Giovanni Agnelli, accendendo un faro sulla presunta esistenza di un deposito miliardario in Svizzera: ad occuparsene sarà la direzione centrale, che potrà avvalersi delle articolazioni locali (torinesi e non solo) dell'organismo. Nel merito della vicenda è entrata anche la procura di Torino: i pm del capoluogo piemontese hanno spiegato di non essere "al momento a conoscenza di elementi che concretino ipotesi di reato". 13 agosto 2009
La svolta Segreto bancario, la Svizzera cede Darà 8-10 mila nomi agli Usa C'è l'accordo, ma verranno svelati solo i conti di chi è sospettato di evasione fiscale DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — UBS, il gigante bancario svizzero che è il secondo operatore al mondo nel campo della gestione dei patrimoni, fornirà al governo di Washington i nomi di migliaia di suoi clienti americani che hanno depositato una parte della loro ricchezza presso l'istituto: soldi materialmente versati nella Confederazione elvetica o gestiti da società basate in altri "paradisi fiscali". E sui quali sarebbero stati evasi gli obblighi fiscali. L'accordo, preannunciato nei giorni scorsi dai governi dei due Paesi, è stato ufficialmente confermato ieri dagli avvocati del ministero della Giustizia statunitense al giudice distrettuale di Miami, Alan Gold, che si sarebbe dovuto pronunciare sulla denuncia contro l'UBS presentata proprio dal governo Usa nel febbraio scorso. È la prima volta che il governo di Berna accetta di far cadere, anche se solo in parte, il velo del segreto bancario. La trattativa è stata lunga e molto elaborata proprio perché la Svizzera ha difeso fino in fondo il principio della confidenzialità del rapporto tra istituti di credito e clienti: una consuetudine che risale al Tredicesimo secolo e che — nonostante gli evidenti rischi di lasciare spazio all'evasione fiscale e ad atti di criminalità finanziaria — è stato sempre difesa come una garanzia di sicurezza offerta anche a soggetti meritevoli di tutela come la minoranze perseguitate: ad esempio le famiglie degli ebrei tedeschi perseguitate dal Terzo Reich. Berna ha tenuto duro anche quando (il 18 febbraio scorso) l'UBS — trascinata in tribunale e con alcuni suoi dirigenti già perseguiti negli Usa — ha deciso di consegnare alle autorità americane un primo elenco di 250 clienti, ha pagato una multa di 780 milioni di dollari e ha iniziato a negoziare un accordo generale. Il governo, in quella circostanza, ha avvertito la banca che non avrebbe tollerato violazioni della legge sul segreto bancario, ma, al tempo stesso, si è reso conto che un processo pubblico negli Stati Uniti col principale gruppo bancario svizzero come imputato, avrebbe avuto pesanti conseguenze politiche e di immagine. È così iniziata una laboriosa trattativa. Alla fine Washington ha accettato di ricevere non l'intera lista dei 52mila clienti americani di UBS, come chiesto inizialmente, ma un elenco più limitato che non verrà consegnato direttamente dalla banca ma dalle autorità svizzere. Proprio la definizione di questi ultimi passaggi ha fatto slittare la firma materiale dell'accordo alla prossima settimana. In attesa della sigla, le parti non hanno fornito elementi sui contenuti dell’intesa, ma gli avvocati dei due fronti ritengono che UBS fornirà l'identità 8-10mila suoi clienti. Probabilmente Berna presenterà l’accordo non come una parziale lacerazione della sua "privacy" bancaria, ma come un modo di contemperare il rispetto della legge sul segreto con gli accordi contro le frodi fiscali firmati con molti Paesi europei e gli Usa: accordi che la impegnano a fornire informazioni finanziarie utili al perseguimento dei reati tributari. "Filtrando" l'elenco dei clienti Ubs, il governo svizzero potrà sostenere di aver consegnato solo dati utili al perseguimento di un reato, lasciando, per il resto, intatto il principio del segreto bancario. Per Washington va bene così: da quando l’UBS negozia, infatti, gli uffici dell'IRS (il Fisco Usa) sono stati presi d'assalto da migliaia di contribuenti pronti a regolarizzare la loro posizione, riportando i loro fondi in patria. La norma che utilizzano non è generosa, almeno se confrontata con quella studiata in Italia: le tasse evase vanno versate per intero con un interesse di mora del 20%. Ma le sanzioni sono ridotte e si evitano le conseguenze penali. Quando, a luglio, in una sola settimana si sono presentati diverse centinaia di contribuenti (più che nell'intero 2008), l'IRS ha addirittura predisposto un modulo invitando i "pentiti" ad autodenunciarsi "online", anziché intasare gli uffici. E i termini per la sanatoria sono stati prima estesi fino al 23 settembre e ora, per molti contribuenti, addirittura fino a metà 2010. Per Obama una piccola boccata d’ossigeno nel mare del deficit e un esempio "virtuoso " da mostrare agli stremati contribuenti americani. Massimo Gaggi 13 agosto 2009
LA SVIZZERA E IL SEGRETO BANCARIO Un successo americano Gli Stati Uniti fanno sul serio. Nel momento in cui la cittadinanza soffre, colpita dalla recessione, il governo persegue l’evasione fiscale con un’energia sconosciuta all’Italia e all’Europa. Non si limita alla retorica contro i paradisi fiscali, ma attacca una grande banca internazionale perché, come ogni buon fiscalista sa, non c’è paradiso fiscale senza la collusione dell’aristocrazia bancaria globale. Il Dipartimento della Giustizia vuole i nomi degli americani che hanno depositato i loro denari — si parla di attività per 15 miliardi di dollari — in 52 mila conti correnti aperti presso la Ubs, gestiti in paradisi fiscali e coperti dal segreto bancario svizzero. L’amministrazione finanziaria di Washington sospetta che quelle ricchezze siano state ottenute anche evadendo le tasse. Ma la legge svizzera autorizza le banche residenti nella Confederazione a rivelare identità e interessi dei clienti solo a fronte di richieste che indichino il nome dell’indagato e un reato che, come il riciclaggio o la falsificazione dei documenti contabili, sia compreso tra quelli per i quali va prestata tale collaborazione. L’evasione fiscale ai danni di un erario straniero non fa parte della lista. Ma certi segreti bisogna poterseli permettere. E la Svizzera oggi se li può permettere meno di ieri. Quando favorisci la crescita di una enorme piovra bancaria con tentacoli estesi in tutto il mondo e attività pari a 4 volte il prodotto interno lordo del Paese, poi capita che la crisi di una Ubs rischi di mandare a picco la Svizzera. E allora i soccorsi costano potere. Per salvare Ubs dall’indigestione di titoli tossici denominati in dollari, ha avuto bisogno della Federal Reserve. La Banca centrale svizzera ha dato alla Fed franchi in cambio dei 60 miliardi di dollari con i quali ha comprato dalla Ubs i titoli spazzatura che la stavano soffocando. E ora l’America di Obama, che non è più quella deregolata dei Bush e di Clinton, chiede il conto. Di più, se Berna non avesse liberato gli gnomi di Zurigo dalle dorate catene dei loro segreti, il governo americano avrebbe potuto togliere a Ubs la licenza per operare a Wall Street. La Svizzera, dunque, sembra piegarsi. Di quanto ancora non si sa. La banca e il governo elvetico rischiano cause da parte dei clienti. Si parla di alcune migliaia di nomi svelati. Non tutti quelli richiesti, dunque. Ma forse abbastanza per incrinare davvero il segreto bancario sull’evasione fiscale. La Svizzera rinuncia così a una quota di sovranità. Ma di questa rinuncia aveva posto le basi lasciando crescere un colosso non più governabile da un piccolo Paese. Il successo americano potrebbe incoraggiare l’Italia dello scudo fiscale a chiedere all’Europa una politica coerente con tutte le Ubs del mondo. E intanto pretendere dalle banche che hanno sedi nelle varie Cayman Islands i nomi dei beneficiari dei conti sospettabili da parte dell’Agenzia delle entrate, pena il ritiro della licenza bancaria nel Belpaese. mmucchetti@corriere.it Massimo Mucchetti 13 agosto 2009 |
REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2009-08-13 Il direttore Befera: "La famiglia proprietaria della Fiat non potrà avvalersi dello scudo". La procura di Torino: "Nessuna notizia di reato" Agnelli, l'Agenzia delle entrate "Controlli su 170mila italiani" Agnelli, l'Agenzia delle entrate "Controlli su 170mila italiani" L'avvocato Giovanni Agnelli ROMA - Non solo gli Agnelli nel mirino dell'Agenzia delle entrate. Se i segugi del Fisco stanno indagando per capire se esiste davvero un deposito miliardario in Svizzera occultato allo Stato italiano il direttore dell'Agenzia Attilio Befera dice: "Non perseguiamo solo i miliardari teniamo sotto controllo 170mila italiani con capitali all'estero". Intanto la procura di Torino dice che "al momento non è a conoscenza di elementi che concretino ipotesi di reato" nella vicenda del patrimonio personale di Giovanni Agnelli. E' stata l'Agenzia delle entrate, con la notizia dell'avvio delle indagini, ad accendere un faro sulla presunta esistenza di un deposito miliardario in Svizzera. Indagini a 360 gradi. "Non abbiamo deciso di perseguire i miliardari - ha dichiarato il direttore generale dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera - il governo ha deciso di intensificare l'azione nei confronti di tutti coloro che hanno capitali detenuti illegalmente all'estero". Poi spiega: "Stiamo indagando a 360 gradi, incrociando i dati fra le comunicazioni che ci arrivano dagli intermediari finanziari sulle movimentazioni da e per l'estero di capitali e le dichiarazioni che i cittadini italiani avrebbero dovuto fare al Fisco". I casi sotto la lente del Fisco sono 170 mila che conducono a indagini in Svizzera e Liechtenstein. L'indagine su Agnelli. L'indagine è l'inevitabile sbocco della vicenda che vede da 6 anni Margherita Agnelli, unica figlia dell'Avvocato, contrapposta alla madre Marella sui lasciti del padre. Nel mirino ci sarebbe una somma di circa due miliardi di euro depositata in Svizzera e mai dichiarata al fisco. Sulla base delle disposizioni del recente decreto anticrisi, applicando le nuove norme, gli eredi (che non usufruirebbero dello scudo fiscale perché il procedimento è ancora aperto) potrebbero dover pagare tra imposte, sanzioni ed interessi un importo addirittura superiore a quello del capitale conteso. Niente scudo fiscale. La famiglia Agnelli non potrà far ricorso allo scudo fiscale contro le eventuali pretese del fisco in quanto "il procedimento è già aperto". Befera spiega invece che "verrà applicata la norma sui paradisi fiscali" secondo cui i capitali all'estero sono considerati reddito imponibile. Lotta a tutto campo anche grazie alle recenti norme contenute nel decreto anti-crisi che prevedono non solo l'innalzamento delle sanzioni per chi detiene illegalmente capitali all'estero ma anche l'inversione dell'onere della prova. "La norma di giugno - ha detto il direttore dell'Agenzia delle entrate - porta un fortissimo cambiamento nei confronti dei capitali detenuti illegalmente all'estero. E' di particolare incisività perché commuta il capitale all'estero in reddito non dichiarato e rafforza le sanzioni dal 200% al 400%". (13 agosto 2009) |
L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2009-08-13 Segreto bancario, la Svizzera cede su 8-10.000 evasori Saranno rivelati i nomi di 8000-10.000 evasori fiscali Usa, che hanno messo i loro soldi al riparo dal fisco con la collaborazione delle banche svizzere. Si è conluso con un accordo il lungo braccio di ferro fra Ubs, Washington e Berna. Gli Stati Uniti accusano l'istituto svizzero di aver aiutato 52.000 abbienti americani a evadere le tasse attraverso i paradisi offshore. Dell'intesa non sono stati forniti i dettagli ma dovrebbe prevedere da parte di Ubs il rilascio di migliaia di nomi di americani evasorì, senza comunque infrangere formalmente il segreto bancario svizzero. Secondo indiscrezioni, infatti, potrebbe venire sfruttato l'accordo di revisione della doppia imposizione, siglato da Svizzera e Washington nelle scorse settimane, in base al quale Berna assicura una maggiore cooperazione sul fronte dell'evasione fiscale. Ubs potrebbe rilasciare gli 8.000-10.000 nomi su cui gravano gli indizi più pesanti di frode fiscale in tempi brevi, probabilmente dopo il 23 settembre, quando scadrà l'amnistia concessa dalle autorità statunitensi in base alla quale gli evasori possono autodenunciarsi senza andare ad accuse penali. Per gli Usa il rilascio di 8.000-10.000 nomi è un parziale successo: nell'ambito dell'azione legale avviata nei confronti dell'istituto elvetico il Dipartimento di Giustizia americano e l'Internal Revenue Service (Irs, l'agenzia delle entrate statunitense) puntavano a ottenere parte dei 52.000 nomi di americani aiutati a loro avviso dalla banca. La disputa intorno al rilascio dei nomi è destinata - secondo gli esperti - ad avere ripercussioni non solo sulla Svizzera, le cui banche private gestiscono fondi per 2.000 miliardi di dollari, ma anche per l'intera industria dei paradisi offshore. "Non appena gli accordi saranno registrati, le parti chiederanno formalmente che le accuse a carico di Ubs cadano". Per questo è stato deciso uno slittamento del processo contro la Ubs, previsto per il 17 agosto. Nella partita fra Ubs e Washington c'era in gioco il futuro del segreto bancario svizzero che dovrebbe essere salvo, nonostante il colpo ricevuto. E questo ha costretto Berna a intervenire e trattare direttamente con il governo statunitense, sfiorando un incidente diplomatico. L'amministrazione Obama ha fatto della lotta all'evasione fiscale e ai paradisi fiscali uno dei suoi cavalli di battaglia. La trasmissione dei dati alle autorità americane dovrebbe avvenire nel rispetto della legge sul segreto bancario: la normativa elvetica, che prevede anche 6 mesi di carcere per chi viola il segreto bancario, copre anche l'evasione fiscale (in Svizzera non è un crimine) ma non la frode fiscale. In febbraio Ubs aveva ammesso di aver aiutato alcuni clienti americani a evadere le tasse e, oltre a pagare una sanzione da 780 milioni di dollari, ha fornito all'Irs i nomi di 250 dei suoi clienti. Poche ore dopo, l'Irs ha alzato la posta chiedendo i nomi di buona parte dei 52.000 clienti titolari di conti segreti illegali per 14,8 miliardi di dollari. Da febbraio tre clienti di Ubs si sono dichiarati colpevoli di aver nascosto i propri asset all'agenzia delle entrate americane, dopo che i loro nomi erano stati resi noti in base al precedente accordo. Migliaia di americani titolari di conti presso Ubs e altre banche svizzere sono usciti volontariamente allo scoperto approfittando dell'amnistia. 13 agosto 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2009-08-13 170mila italiani sotto indagine per i conti nei paradisi fiscali 13 agosto 2009 "Dai nostri archivi" L'Agenzia delle Entrate indaga sull'eredità Agnelli Razzi su Kabul. Soldati italiani nel mirino dei talebani Scudo fiscale e condono obiettivi in parallelo Inghilterra: con la crisi anche i ricchi piangono Aerei: sì alla racchetta da tennis a bordo La stretta sui paradisi fiscali avviata a giugno messa in atto di recente dal piano anticrisi del Governo comincia a mostrare i propri effetti: i patrimoni individuati all'estero riguardano finora 170.000 italiani. Lo annuncia il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera al Tg1. "C'è stata una stretta fortissima. Tutti i capitali detenuti illegalmente all'estero vengono considerati reddito nel momento in cui vengono scovati - spiega - Abbiamo una lista di circa 500 nominativi sequestrati ad un avvocato svizzero recentemente arrestato dalla Procura di Milano. Abbiamo una lista di conti presenti presso Ubs Italia che si presume abbiano qualche riferimento con Ubs Svizzera. Abbiamo la lista dei detentori di capitali nel Liechtenstein: ma quello che è importante è che stiamo incrociando i dati che per legge gli intermediari finanziari devono darci per la movimentazione da e per l'estero di capitali con le dichiarazioni che i cittadini italiani che hanno all'estero devono altrettanto fare e abbiamo ben 170 mila nominativi sotto indagine". 13 agosto 2009
L'Agenzia delle Entrate indaga sull'eredità Agnelli 12 agosto 2009 Befera: "L'indagine è stata aperta dopo le notizie date dagli eredi" Gli Agnelli e i patti della Dicembre Eredità Agnelli, si alza lo scontro con Margherita
L'Agenzia delle Entrate ha aperto un'inchiesta sull'eredità contesa di Gianni Agnelli. Tra i beni dell'Avvocato, che la figlia Margherita Agnelli due anni fa ha chiesto di censire, ci sarebbe una cifra superiore al miliardo di euro depositata in Svizzera e mai dichiarata al Fisco italiano. A determinare l'apertura dell'inchiesta è stata proprio l'azione legale avviata da Margherita nei confronti dei gestori del patrimonio del padre e di conseguenza contro la madre, Marella Agnelli. Il patrimonio finito nel mirino del fisco italiano, è di non facile quantificazione. Si tratta di un tesoro valutato intorno a 1 miliardo e 950 milioni di euro. Calcolato partendo da una valutazione della rivista Forbes, che attribuiva già nel 1990 all'Avvocato un miliardo e 700 milioni di dollari. Si sarebbe inoltre tenuto conto dei movimenti positivi della Borsa e anche di due drammatici eventi: lo sboom della bolla internet e l'attacco alle Torri Gemelle del 2001. Se l'evasione verrà accertata, in base alle nuove norme anti-evasione contenute nel decreto anti-crisi, gli eredi Agnelli potrebbero dover pagare multe superiori al capitale conteso. Se dovesse essere accertata dall'Agenzia delle Entrate l'evasione sull'eredità degli Agnelli, gli eredi non potranno usufruire dello scudo fiscale, la norma che agevola il rimpatrio di capitali all'estero. La sanatoria infatti non può operare - fanno notare tecnici dell'amministrazione fiscale - nel caso di procedimenti aperti, proprio come questo. Quindi l'incasso andrebbe tutto all'erario. Intanto si apprende che in riferimento alle notizie di stampa riguardanti la cosiddetta ereditá Agnelli, allo stato degli atti non sono a conoscenza della Procura della Repubblica notizie che concretizzino ipotesi di reato". È quanto viene sottolineato dalla Procura di Torino dopo le notizie sull'avvio di accertamenti da parte dell'Agenzia delle entrate sull'ereditá Agnelli. 12 agosto 2009
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